"Venere Privata" di Giorgio Vladimir Scerbanenco.
Recensione del romanzo Venere Privata (1966) di Giorgio Vladimir Scerbanenco, apparsa su Satisfiction_4 / Feltrinelli nel lontano 2008.
Ho sempre pensato che la recensione di un'opera letteraria dovesse in qualche modo avere dignità letteraria, ovvero che la forma tenga un minimo testa al libro di cui vuol parlare. L'altra cosa in cui ho sempre creduto è che per recensire un libro, a differenza della musica che andrebbe valutata a fine opera, il momento miglore per farlo è probabilmente mentre lo stai leggendo: l'immedesimazione è massima e la costruzione narrativa più stimolante perchè in divenire. Premessa inutile, perchè purtroppo Venere Privata di Giorgio Vladimir Scerbanenco l'ho già letto integralmente. Ma per fortuna l'ho letto poco tempo fa e in una bella edizione Garzanti Elefanti con prefazione di Luca Doninelli; in appendice una brevissima ed illuminante autobiografia a episodi dello stesso autore.
Farò del mio meglio. Venere privata è un libro del '66, il primo di una tetralogia (segue Traditore di tutti, I Ragazzi del Massacro e I Milanesi ammazzano al Sabato) che ha per protagonisti il dottore/poliziotto Duca Lamberti e la Milano dei fine '60.
La storia parte da due punti diversi: uno è il ritrovamento in zona Rogoredo di un cadavere di ragazza e l'altro dalla fresca e ricca Brianza in un giorno d'estate. Duca Lamberti è un ex dottore che si è fatto tre anni di carcere, per un caso di eutanasia.
Si scoprirà, attraverso la lettura della tetralogia, che questo sarebbe stato un caso giuridico famoso e che per molta gente Duca è stato considerato un eroe. Càrrua, il veterano della questura e vecchio amico del padre di Duca, gli affida la riabilitazione di un giovanotto di 22 anni, reo di aver cominciato a bere wisky come una spugna da ormai un anno senza motivo apparente e con dedizione autolesionista.
Il ragazzo si chiama Davide Auseri e a detta di suo padre è "grand e ciula". Duca scopre la causa che sta dietro l'alcolismo del Davide e metterà in piedi una macchina investigativa che coinvolgerà inevitabilmente la stessa polizia. Oltre l'antefatto non me la sento di andare. Venere Privata è inscrivibile nel genere noir ma dal mio punto di vista è un tentativo molto ben riuscito di "falso reale", dove fai fatica a discernere la finzione della cronaca nera dei giornali dell'epoca e la realtà di un racconto di finzione nudo e crudo.
È un libro che sembra nascere dalle reali crisi sociali di una città come Milano, una Milano alle soglie del '68, ignara che a breve i conflitti sociali si maschereranno in conflitti politici (per poi tornare ad essere conflitti sociali negli anni'80).
A Milano io ci vivo, e spesso nei posti in cui vivo confondo il luogo e il mito che ho di quel luogo. Non credo che ci sia nessun altro autore di quegli anni (a parte Buzzati) che meglio aiuta a calarmi nel gioco del "chissà come doveva essere".
A tal proposito mi sono appuntato un po'
della toponomastica del libro per fare un giro della memoria in cerca di somiglianze e differenze tra la Milano di allora e quella di oggi.
Via Folli, ad esempio, quella del "Condominio Ulisse" della storia, è stata spezzata dalla costruzione della tangenziale est, e se una volta la si considerava in campagna o "oltre il dazio", ora è sempre nel verde del Parco Lambro ma praticamente in città.
Scerbanenco ha costruito una tela finta di luoghi reali, utilissimi ad un tizio tra le nuvole come me per giocare a inventarsi una propria Milano immaginaria. Anche perchè Milano è piccola ad occhio ma, come tutti i grandi luoghi letterari, a "penna" è grande più di New York o di Londra.
E trovare un criminale è difficile almeno 200 pagine! Scerbanenco morirà nel '69, dopo una vita faticosa e complicata, e solo l'anno prima di morire avrà la consolazione del primo grande premio letterario internazionale. Era un uomo di altri tempi, quasi dell'altro secolo allenato a raccontare violenze di ogni genere con un linguaggio scarno eppure incredibilmente edulcorato.
Tutta la vita, dai 16 anni in poi, per lui è stato imperativo "fare quello che so fare per vivere" ovvero "scrivere per campare". Lontano dai discorsi arte-estetica degli anni '60 , era robabilmente uno dei pochi che considerava lo scrivere un "servizio", quanto e più di un panettiere o di un macellaio. Ad Odessa, a soli 11 anni, visse il dramma di tornare da profugo con la madre in Italia dopo che erano stati a Kiev in cerca del padre, un funzionario di stato impiegato come professore di greco e latino ucciso fucilato dai Russi. In Scerbanenco era sicuramente cresciuta una totale disaffezione politica e religiosa, tant'è vero che in Venere Privata Duca è un eutanasista nel giusto e senza fede politica che sventa più di un suicidio, uno dei tanti suicidi che ricorrono nel ciclo dei sui romanzi.
Al contrario: la vendetta del privato cittadino, l'uso improprio delle tecniche d'indagine, l'onore, la morale e la fiducia nell'ordine auto-costituito fanno sì che Duca Lamberti, dottore radiato dall'ordine e nemmeno poliziotto, sia l'eroe del normale cittadino, l'uomo che ha un intuito per le bugie e che vorresti come vicino quando succede un casino in casa tua. Non certo un "beautiful loser": il papà di Duca, che era poliziotto integerrimo, aveva insegnato al piccolo di colpire a calci chiunque lo prendesse in giro sul nome di battesimo.
Del resto Duca è un nome, dal sapor di soprannome, laico e arrogante come era dificile trovarne nell'Italia Cattolica di allora.
Ma uno dei tabù di Scerbanenco riflette profondamente lo spirito del tempo e cioè la forte diffidenza sui gay, non ancora in armonia con la parte sociale. Ad uno di essi, che l'autore (e chissà se non era un tremendo modo di dire comune) chiama invertito, affibia un pessimo ruolo e senza il minimo dubbio associa il suo stato di presunta abnormalità con la cattiveria gratuita del personaggio.
Le donne però hanno un altro peso.
Devo dire che la letteratura rosa di Scerbanenco un po' mi spaventa e non sono un gran curioso di sapere quali capolavori del genere deve aver scritto, però tutta quella scrittura sentimentale in qualche modo rientra dalla finestra: Venere Privata è una denuncia allo sfruttamento, chiamiamolo "umano", alle soglie dell'emancipazione femminile e parla di donne speciali, con uno spiccato senso del rischio e piene di curiosità. Sono donne feline, ma mai cattive.
Bisogna aspettare il '69 con "I milanesi ammazzano al sabato" per trovare donne molto cattive... Milano, 26/6/8 E.G.